TRASFERIRSI A VIVERE E LAVORARE IN BASSA CALIFORNIA: Los Cabos Annibale si è trasferito a vivere in Bassa California a Los Cabos con la famiglia Di Luisa Galati 25/03/2014
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Annibale Patella, consulente informatico 37enne di origine salentina, si trasferisce a vivere in Bassa California a Los Cabos con la famiglia. Realizza così, insieme a moglie e figlio, il desiderio di fare un’esperienza fuori dall’Italia che ha reso tutti felici.
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Ciao Annibale, presentati ai nostri lettori.. Mi chiamo Annibale, ho 37 anni, sono salentino e fino a luglio del 2013 ho vissuto e lavorato in Toscana per 16 anni prima a Firenze e poi a Empoli. Avevo insieme ad un socio-amico una ditta di consulenza informatica aziendale con qualche dipendente.
Come hai deciso il trasferimento? Io, mia moglie e mio figlio siamo dei viaggiatori incalliti. Amiamo conoscere sempre posti e culture nuove tant'è che da anni facciamo parte di un circuito di scambio gratuito di ospitalità -Couchsurfing- che ci ha permesso di viaggiare e reinvestire i soldi risparmiati nei viaggi successivi. Erano anni che come tanti accarezzavamo l'idea di poter dare una svolta radicale alle nostre vite e rimetterci in gioco ripartendo da zero. Mia moglie è messicana ma ha vissuto molto fuori casa. Dopo 17 anni in Italia aveva voglia di provare a vivere nuovamente altrove. Io sono una persona fondamentalmente inquieta. Come direbbero i miei ci eravamo già "sistemati" comprando casa e con delle attività che ci permettevano di vivere decorosamente. Solo che al contempo il mio lavoro era molto stressante. Uno stress fine-a-se-stesso generato in buona parte dalla situazione limite a cui praticamente tutti i piccoli imprenditori (la gran parte della mia clientela) sono sottoposti. Lo "sclero" oramai faceva parte integrante delle mie giornate ed erano pochi i giorni in cui tornavo a casa senza il fegato gonfio. Per non parlare della totale vanificazione degli sforzi lavorativi persi tra mille regole, tasse, balzelli, aumenti e menate varie. Le uscite con gli amici finivano inevitabilmente a portarti a parlare della crisi e di come non si potesse continuare ad andare avanti così. La crisi vera, ancor prima del dato economico, il nostro paese la sta affrontando a livello di clima, di umore e contesto sociale. La gente è spossata e avvizzita e ciò si riflette nella vita di tutti i giorni. Quindi prima che ci potessero depredare anche della cosa più bella che ci rimaneva, ossia l'entusiasmo, abbiamo deciso di levare le tende. Il processo è durato anni a livello di idea, 10 mesi per pianificare fattivamente ed essere pronti al salto.

Perchè avete scelto proprio la Bassa Califonia come meta per espatriare? Le mete ambite erano tante. Per considerazioni diverse tra di loro pensavamo alla Nuova Zelanda, al Canada al Costa Rica con il Messico messo lì in un angolino come opzione secondaria. Poi un bel giorno è successo! Ci siamo svegliati e abbiamo deciso ora o mai più. Quella stessa sera ci siamo seduti tutti e tre attorno al tavolo in cucina e abbiamo scoperto le carte. Ognuno di noi doveva dire qual erano gli elementi più importanti per lui e in base a quelli si sarebbe decisa la destinazione. Fortunatamente ci siamo ritrovati tutti e tre a dire pressoché all'unisono sole, caldo, mare! Più che un'idea concreta, un desiderio, la voglia di fare un'esperienza in un posto del genere e vedere l'effetto che fa :-) E' uscito così il nome della Baja California Sur, un luogo nel quale mia moglie e mio figlio erano stati in vacanza anni prima e del quale erano rimasti affascinati. Una zona desertica quindi soleggiata, calda tutto l’anno, con un mare stupendo e decisamente tranquilla in quanto a criminalità rispetto ad altre zone del Messico.
Come avete organizzato la partenza? Abbiamo iniziato a raccogliere informazioni circa il posto escludendo gradualmente gli altri e concentrandoci solo su quello. Ha cominciato a piacerci sempre più fino a quando ho deciso di intraprendere un viaggio di un mese in aprile dello scorso anno per capire se poteva fare al caso nostro e nel frattempo iniziare a guardarmi intorno per quanto riguardava il lavoro, la casa e la scuola per mio figlio. Un mese passato da indigeno più che da turista, percorrendo km a piedi, bussando ovunque per lasciare curriculum e vendere la mia professionalità, cercando di stringere relazioni che mi sarebbero servite quando saremmo ritornati. Rientrato alla base dopo un mese di esposizione solare e con un clima da lupi in patria ero ormai convinto che quel posto poteva essere quello giusto. Abbiamo quindi iniziato l'ultima fase, quella più incasinata. Faccende da sistemare, ditta e clienti da lasciare, casa da affittare, tonnellate di scartoffie da scansionare, mobili e suppellettili da vendere, regalare, buttare. Parenti da consolare, amici da salutare. L'ultimo passo, il più duro, prima di ritrovarci tutti e tre con solo una valigia da 23 kili a testa e con alle spalle 16 anni di vita intensa. Non è stato facile e non sarà facile per nessuno comunque la mettiate. Questa verità spesso sfugge, fino al momento di doverci fare i conti.
| Che differenze trovi nel modo di vivere rispetto all’Italia? Ciò
che di positivo vedo nello stile messicano è la loro rilassatezza. E'
raro che la gente urli, o si arrabbi per strada o dia i numeri al
lavoro. Tutto viene solitamente risolto con garbo e buona dose di
sorrisi. Questo è qualcosa di cui si sente davvero la mancanza nel
nostro paese dove sovente entrando in un bar e salutando non ti
considera nessuno. La calma nel fare le cose. Il motto è sempre: che
fretta c'è? Una maggiore libertà di fare impresa senza tonnellate di
vincoli, permessi, uffici da girare e conseguenti mal di testa. Vuoi
aprire un'attività? In pochi giorni (se vuoi fare le cose in regola) sei
in grado di essere operativo e con una pressione fiscale che a noi fa
sorridere. La visione del lavoro come mezzo per poter star bene e
non come fine ultimo della vita. Ho lavorato? Mi basta per tacos e
birra? Bene, ho fatto il mio... possiamo andare a festeggiare! L'assenza
del continuo lamentarsi, sport in cui noi siamo campioni! Loro
protestano ma alla fine accettano le cose così come sono in maniera
fatalista e vanno avanti. Noi NON protestiamo, ma comunque
accettiamo le cose così come sono e ci lamentiamo tutti i giorni :-/ Ciò
che invece non mi piace è la mancanza di attenzione di alcuni di loro
per i dettagli. Tutto ciò che può essere riparato con lo scotch e due
colpi di martello, da un computer fino all'astronave spaziale, state
tranquilli che lo riparano anche se i risultati a volte sono
“discutibili”. Qui a Los Cabos c’è una grossa disparità tra la zona
turistica e residenziale per benestanti (di solito statunitensi/canadesi
o messicani facoltosi) dove tutto brilla ed è perfetto e la zona
messicana dove vivono i lavoratori del turismo dove invece si sente un
po’ di carenza di senso civico. Questo si riflette nella tanta
spazzatura per terra, nel lasciare cani sciolti (di solito pitbull o
rottweiler) per strada, nella musica sparata a tutto volume, nella
“furbaggine” che volte ti fa sorridere per quant'è ingenua (poi a noi
italiani !!!). Spesso la calma nel fare le cose si trasforma in
lentezza estrema e ti esaspera. L'essere non puntuali negli appuntamenti
e a volte approssimativi nel lavoro. C'è da dire che gli stessi
messicani vedono la Baja Sur come un posto molto più rilassato e
tranquillo rispetto al resto del paese, quindi alcuni aspetti qui sono
sicuramente più accentuati.

Di che attività ti occupi adesso? Sto
continuando a fare il consulente informatico aziendale come in Italia,
lavoro che amo. Ma ho altri progetti in cantiere. Il mese di
esplorazione mi è servito per poter ritornare a luglio ed avere già
qualche piccola commessa che ci ha fatto da volano per i mesi
successivi, visto il nostro budget di partenza molto limitato. Trovare
lavoro non è stato difficile e il primo contratto serio l’ho stipulato
dopo cinque settimane dal mio arrivo, facendo il mestiere che volevo
fare, quindi mi ritengo soddisfatto. Qui c’è molto lavoro “informale” e
ti capita che ti chiamino, ti facciano un colloquio ed inizi a lavorare
lo stesso giorno. La zona di Los Cabos dove viviamo è all’estremo sud
della penisola e vive praticamente di solo turismo prettamente
statunitense e canadese. L’alta stagione va da dicembre fino a maggio e
se uno se la cava con le lingue non ha grosse difficoltà a trovare un
impiego. La comunità italiana è stata scarsa fino ad ora, ma
ultimamente sta crescendo, tant’è che nel periodo natalizio abbiamo
fatto la prima riunione ufficiale degli italiani a Los Cabos e stiamo
creando una bella comunità per portare avanti incontri e iniziative
culturali.

Ti manca qualcosa dell’Italia? Mi manca
il Salento terra a cui sento di appartenere profondamente.
La famiglia
e gli amici per fortuna sono meno lontani grazie a Skype.
Per noi
questo è un periodo della vita in cui godere al massimo dei nostri anni
migliori, vivere con serenità, dare un’opportunità in più a nostro
figlio... e poi domani... chissà dove saremo!
WEB: www.italianinbaja.com FACEBOOK: www.facebook.com/italianinbaja
Di Luisa Galati 25/03/2014
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